I bambini adottati e la scuola… quale relazione?

L’Italia è il Paese in Europa che conclude più adozioni ed è seconda a livello mondiale solo dopo agli Stati Uniti.

Il Veneto risulta essere la seconda regione in cui si adotta il maggior numero di minori stranieri, superata solo dalla Lombardia.

Dal rapporto della Commissione per le adozioni internazionali del Consiglio dei Ministri, relativo al decennio 2000-2010, i minori stranieri per cui è stata chiesta l’autorizzazione per l’ingresso in Italia sono stati 29,746. Tra questi, sono in misura maggiore (44%) i bambini di età compresa tra i 5 e i 9 anni.

Da ciò capiamo che la maggior parte dei bambini stranieri adottati, quando arrivano in Italia, si trova in età di obbligo scolastico e pertanto le famiglie devono gestire l’inserimento dei figli nel mondo della scuola.

Questo è un momento molto delicato per il bambino perchè oltre all’inserimento a scuola, si trova parallelamente impegnato sia nella costruzione dell’appartenenza alla famiglia, al gruppo dei pari, che nell’apprendere un nuovo mondo di abitudini e stili di vita. Oltre a ciò non possiamo non sottolineare che il bambino porta con sé nella nuova realtà il suo bagaglio difficile e doloroso, legato all’esperienza dell’abbandono e alla carenza di accudimento.

In tutto questo insieme di problematiche e nuove possibilità… come apprendono i bambini adottati?

La letteratura internazionale è propensa a considerare questi bambini come una categoria maggiormente a rischio e quindi più vulnerabile a disagi scolastici, sociali e affettivi.

Le negative esperienze di vita precedenti possono essere raggruppate in due grandi aree, come deprivazioni e maltrattamenti. Imparare nuove cose prevede anche la capacità di recuperare, dare significato e integrare nella propria identità i diversi frammenti della propria storia. È proprio per questo che nei bambini che hanno subito maltrattamenti o incurie vi può essere una difficoltà di elaborazione del pensiero che si mantiene su un piano concreto delle strutture della personalità.

Se ci rifacciamo ai processi di apprendimento in senso stretto, sappiamo come esso risenta di fattori emotivo-motivazionali che si legano all’idea che i bambini hanno di sé e delle proprie potenzialità. Questa idea è strettamente connessa alle esperienze di attaccamento. Ne consegue che un’immagine negativa di sé legata a un’insoddisfacente relazione di attaccamento può favorire comportamenti provocatori e disturbanti volti ad anticipare l’atteso rifiuto degli altri.

Questo comporta in alcuni bambini adottivi comportamenti iperattivi, oppositivi o disattenti che a lungo termine possono compromettere l’apprendimento.

Secondo la ricerca di Valutazione dell’incidenza delle difficoltà di apprendimento nei minori stranieri adottati nella scuola primaria (C. Cazzola, A. Molin & C. Cornoldi) nei primi anni di scolarità prevalgono forti difficoltà a livello di avvio alla lettura e al calcolo e problematiche connesse all’autoregolazione. Nella fase terminale delle scuole primarie si riscontrano difficoltà nella comprensione approfondita del testo, strategie poco adeguate per affrontare i compiti e bassa autostima.

Attraverso la Valutazione dell’incidenza delle difficoltà di apprendimento nei minori stranieri nella scuola secondaria di secondo grado (C. Cazzola, S. Sgrosso, A. Molin & C. Cornoldi) sono stati interpellati un gruppo di genitori che hanno adottato con L’associazione per le Adozioni Internazionali “SOS Bambino I.A Onlus” di Vicenza. I dati emersi confermano l’ipotesi iniziale e cioè che i genitori adottivi percepiscono maggiori lacune nelle abilità indagate (lettura, scrittura, matematica, studio, distrazione, autonomia nei compiti ecc…) per tutti i momenti della storia scolastica dei propri figli.

Queste ricerche hanno avuto il duplice scopo di descrivere la realtà attuale da una parte, e individuare possibili strumenti per incrementare il benessere del bambino adottato dall’altra. Questo perchè i bambini adottivi sembrano incorrere più dei loro compagni in difficoltà scolastiche e spesso tali carenze riguardano gli aspetti autoregolativi e l’apprendimento nei nuovi contesti.

Nel tempo, tuttavia, dimostrano un costante miglioramento e tale incremento nelle prestazioni scolastiche è maggiore rispetto a quello dei loro compagni, anche se a volte impiegano anni per raggiungere gli standards richiesti dalla scuola.

In quest’ottica è auspicabile pensare al percorso scolastico dei bambini adottati come a qualcosa in continua evoluzione e quindi considerare gli insuccessi non come una carenza strutturale ma come una possibilità di miglioramento per il futuro.

Concludiamo questo articolo, che speriamo vi abbia lasciato qualche informazione e spunto di riflessione in più, con una frase di Victor Hugo…

“Sapete come si chiamano veramente i bambini?

Il loro nome è futuro”.