Disturbi da tic: cosa sono e come si può intervenire

Disturbi da tic: cosa sono e come si può intervenire

Che cosa sono i disturbi da tic?

L’origine della parola TIC va ricercata nella medicina Veterinaria: si è osservato che alcuni cavalli avevano il vizio di battere l’arcata dentale superiore sul bordo della mangiatoia producendo un caratteristico rumore… TIC TIC TIC. Dal 1700 il termine tic viene utilizzato anche per l’uomo, per descrivere “un movimento vizioso, inopportuno, sgraziato” (https://www.tourette-aist.com/tic). Il Disturbo da Tic rappresenta uno dei distrubi neuropsichiatrici più frequenti in età evolutiva. Si stima che oltre il 10 % della popolazione presenti dei tic durante l’età evolutiva (Verdellen C. et al., 2016).

I tic sono movimenti improvvisi, rapidi, stereotipati e non ritmici che la persona compie senza averne il controllo e che si sovrappongono alla normale attività motoria.

I tic possono essere di tipo motorio o vocale e semplici o complessi. I tic motori semplici coinvolgono singoli distretti muscolari, in particolare il volto, gli arti superiori ed il collo. I tic motori complessi invece riguardano più distretti muscolari contemporaneamente e sono più simili a delle azioni finalizzate come battere le mani, battere i piedi e saltellare. I tic vocali semplici possono essere dei suoni improvvisi come tossire, schiarire la gola o fare rumore con il naso. Quelli vocali complessi possono essere caratterizzati dalla produzione vera e propria di parole e/o frasi.

Quante categorie di disturbo da tic esistono?
Secondo la classificazione del DSM-5, i disturbi da tic comprendono quattro categorie:
• Disturbo di Tourette
• Disturbo persistente da tic
• Disturbo transitorio da tic
• Disturbo da tic con altra specificazione o senza specificazione

Nel disturbo di Tourette si osservano sia tic motori complessi sia uno o più tic vocali, e persistono da più di un anno dall’esordio del rpimo tic. Il disturbo persistente da tic è caratterizzato invece dalla presenza di tic motori o vocali singoli o complessi, ma non sono mai in contemporanea. I tic devono essere persistiti da più di un anno dall’età di esordio. Nel disturbo transitorio da tic i tic, motori e/o vocali singoli o complessi, sono stati presenti per meno di un anno dal primo tic.

Qual è l’età d’esordio e quali sono le cause?
L’esordio deve avvenire sempre prima dei 18 anni. L’età media di esordio è tra i 4 e i 6 anni; un picco di gravità si verifica tra i 10 e i 12 anni, per poi attenuarsi e scomparire, nella maggior parte dei casi, nel corso della tarda adolescenza o nella prima età adulta (Verdellen C. et al., 2016). Una bassa percentuale di individui continua a presentare sintomi persistenti gravi o un peggioramento in età adulta (DSM-5).

La causa dei tic non è ancora stata identificata. La letteratura scientifica ha dimostrato però che ci sarebbero delle alterazioni delle sostanze chimiche presenti natualmente nel cervello, i neurotramettitoti (https://www.tourette-aist.com/tic). Vari studi hanno dimostrato che i tic possono essere influenzati anche da variabili di tipo ambientale. Si è concordi nel ritenere che nei disturbi da tic ci sarebbe un’interazione tra biologia e ambiente; e sia la prevenzione che il trattamento richiedono un’attenta considerazione di questi due domini (Isola L. et al., 2016).

Spesso i disturbi da tic sono accompagnati da altri disturbi cognitivo-comportamentali. In particolare si è osservata una comorbilità con il disturbo da deficit di attenzione con/senza iperattività (ADHD) ed il disturbo ossessivo compulsivo (DOC). È importante intervenire anche su questi aspetti con interventi specifici e mirati.

Qual è l’intervento consigliato dalle linee guida?
Essendo un disturbo con esordio durante l’età evolutiva, è importante sottolineare che l’intervento deve consistere in un lavoro di rete tra operatori, famiglia e scuola (Fabbro N., 2016). Per quanto riguarda l’intervento psicologico, l’approccio cognitivo-comportamentale ha dimostrato una buona efficacia. In particolare ci sono due principali modelli per trattare il disturbo da tic: l’Habit Reversal Training (HRT) e la tecnica Exposure and response prevetion (ERP).

Il trattamento HRT consiste nell’affrontare un tic alla volta ed è considerato l’intervento psicologico d’elezione quando il bambino presenta uno o pochi tic. Mira al rimodellamento del tic indesiderato, lavorando sull’acquisizione di consapevolezza da parte del paziente (N. Fabbro, 2016). Il primo step prevede l’acquizione della consapevolezza dell’allarme pre-tic, cioè la sgradevole e dolorosa sensazione corporea che il paziente sente nel punto esatto in cui poi ci sarà il tic, e degli stimoli scatenanti. Con i bambini si può utilizzare una sorta di “termometro” per identificare l’intensità dell’allarme pre-tic (Figura 1 tratta da “I tic nei bambini”, ed. Erickson). Una volta presa dimestichezza con la consapevolezza delle sensazioni pre-tic, si allena il paziente a mettere in atto una risposta competitiva, che deve essere attuata appena si accorge che il tic sta per essere emesso o a tic in corso. La risposta competitiva è una risposta incompatibile al tic, perché mettere in atto la risposta competitiva rende impossibile esprimere il tic. La risposta competitiva sarà diversa a seconda della parte del corpo interessata dal tic: ad esempio se il paziente presenta un tic motorio come sbattere la mano, la risposta competiva consisterà nel tenere le mani incrociate; o ancora se il tic consiste nel fare la linguaggia la risposta competitiva consisterà nel stringere la mascella e tenere le labbra unite.

Figura 1: termometro dell’intensità dell’arme- tic (“I tic nei bambini”, ed. Erickson)

La tecnica ERP è più efficace quando sono presenti più tic contemporaneamente, come ad esempio nella sindrome di Tourette. Durante l’allenamento il paziente imparerà a sopprimere i tic per un periodo di tempo sempre maggiore, poiché questa tecnica parte dal presupposto che ci sia un’associazione tra la sensazione premonitrice del tic ed il tic stesso. Ogni volta che la persona “cede” al tic, si rinforza il legame tra sensazione premonitrice ed il tic.

Oltre a queste tecniche, la terapia cognitivo-comportamentale prevede di insegnare al paziente l’automonitoraggio dei tic, tecniche di rilassamento, come il rilassamento muscolare e la respirazione lenta. Una parte saliente dell’intervento è dedicata alla componente cognitiva: mira alla ristrutturazione del modo in cui il paziente valuta i tic. Inoltre è importante non tralasciare eventuali disturbi psicopatologici associati che aggravano ulteriormente la situazione.
Come detto sopra, l’intervento consiste anche nel coinvolgere la famiglia attraverso la psicoeducazione ed il supporto psicologico, affinchè i genitori sappiano gestire i comportamenti ticcosi del figlio. I genitori devono imparare a prevedere le situazioni scatenanti i tic al fine di evitarle. Inoltre è importante dare ai genitori delle indicazioni pratiche, che permettano di intervenire sui comportamenti ambientali che mantengono il disturbo.
Nelle situazioni più gravi può essere necessaria la collaborazione con altre figure professionali, come neuropsichiatra e/o neurologo, al fine di una migliore presa in carico che potrebbe contemplare anche il supporto farmacologico.

Bibliografia:
Verdellen C. et al. “I tic nei bambini” ed. Erickson, 2016.
Isola L. et al. “Psicoterapia cognitiva dell’infanzia e dell’adolescenza” ed. FrancoAngeli, 2016
Fabbro N. “Psicoterapia con i bambini e le famiglie” ed. libreria Cortina Milano, 2016