04 Nov Autostima: quanto conta credere in se stessi?
“Non sono portato per quel lavoro, è meglio se cerco qualcosa di più semplice”
“Non riesco a fare questo esercizio di matematica…non ce la faccio!”
“A lavoro ho spesso paura di sbagliare e di essere richiamato dal mio capo reparto”
“I miei colleghi sono più considerati di me…è come se non ci fossi in quest’azienda”
“Ho preso un altro cinque in inglese, non valgo niente”
Da cosa sono accomunate tutte queste frasi?
Il denominatore comune è l’AUTOSTIMA.
Ma cosa si intende esattamente con il termine autostima, di cui tanto si sente parlare e che riguarda sia grandi che piccoli?
L’autostima è una valutazione globale del Sé e consiste in un giudizio riferito alla propria persona. È possibile distinguere due aspetti:
- Affettivo: cioè come si viene visti e valorizzati dagli altri. Ci sono ambienti più o meno facilitanti l’autostima. Quelli più facilitanti accettano la persona indipendentemente dai risultati, la quale si sentirà amata ed accolta per quello che è e non per ciò che fa.
- Cognitivo: come si viene valorizzati. In questo caso l’ambiente, come il contesto familiare, scolastico o lavorativo può rimandere un’idea icrementale o entitaria delle proprie abilità. Nella visione incrementale la persona crede di potersi migliorare dedicando impegno e tempo. Nella visione entitaria, invece, le abilità sono considerate come delle caratteristiche statiche e poco modificabili. Un ambiente che supporta una visione entitaria giudica in base ai risultati, senza considerare le potenzialità della persona.
Ma è il successo che incrementa l’autostima o l’autostima che incrementa il successo?
Ebbene, la letteratura ha dimostrato che un buon livello di autostima aumenta la probabilità di avere successo e di affrontare gli eventuali insuccessi, che ognuno di noi può incontrare durante la propria vita. Ci sono due modalità contrapposte di affrontare i fallimenti:
- La modalità self-defining: la persona si reputa un “fallito”, si vergogna del proprio insuccesso e lo reputa come indice di mancanza di capacità.
- La modalità non self-defining: la persona considera l’insucceso e il non raggiungimento di un obiettivo come parte naturale di un processo fisiologico. La persona non si descrive con i propri fallimenti, ma è consapevole che può migliorarsi e rialzarsi.
L’autostima si crea a partire dall’età evolutiva e poiché si stabilizza nella primissima età adulta, risulta opportuno intervenire in casi in cui fin dall’adolescenza o anche prima si evidenzino aspetti di sotto-valutazione di sé.
Una bassa autostima si riscontra soprattutto nella depressione, in cui la persona presenta pensieri svalutanti su se stessa, ritiro sociale, perdita di interesse, demotivazione, rifiuto di impegnarsi e paura di sbagliare.
Agire sull’autostima è importante per favorire il successo, aiuta ad affrontare costruttivamente l’insuccesso e ad essere più resilienti di fronte alle difficoltà e alle cadute della vita.
Bibliografia e sitografia:
“Autostima: credere di riuscire, credere di valere” Angelica Moè.
www.stateofmind.it/tag/autostima